Torna “Doppio Sogno”, la rassegna estiva curata dal Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo che da venticinque edizioni accompagna il pubblico tra cinema, letteratura e incontri. Nel suggestivo giardino di Villa Pignatelli, alla Riviera di Chiaia, dal 8 al 24 luglio, ogni martedì, mercoledì e giovedì. Nove serate dedicate al grande cinema d’autore. Dai film di Louis Malle a Clint Eastwood, Jafar Panahi a Aki Kaurismaki. Apre martedì 8 luglio alle 20.30 "Dead Man" (1995) di Jim Jarmusch.
Il tema di quest’anno, “Opera incerta”, guida una selezione di film che hanno lasciato un segno nella storia del cinema, tutti proposti in versione originale con sottotitoli in italiano. Ogni proiezione sarà preceduta da un’introduzione a cura di critici cinematografici o docenti universitari, che offriranno spunti e chiavi di lettura per arricchire la visione. La programmazione è a cura di Lavinia D'Elia che riflette: "L’arte di edificare dei latini associa l’aggettivo “incerto” all’opera edificata(...) La proiezione cinematografica rassomiglia all'arte rupestre, nel proiettare l'impressione su una superficie verticale che viene percepita dall'occhio di chi la osserva, al fine di estrarne il racconto. Ciascuno conserva dell'esperienza visiva un ricordo personale unico, intangibile e irriproducibile, così come ognuno apprende attraverso il vissuto dell’esperienza individuale nel collettivo".
Un’iniziativa che trasforma Villa Pignatelli in una sala all’aperto sotto le stelle, dove riscoprire il piacere del cinema condiviso.
Il caos possiede un occulto ordine interno ma, sebbene sia anche “spazio aperto”, è considerato disordine quando non se ne conoscono le regole di causalità.
L’arte di edificare dei latini associa l’aggettivo “incerto” all’opera edificata, sottolineando la mancanza di regolarità quale requisito fondante dell’opus incertum. Un frammento di pietra, sotto certi aspetti, è un'unità modulare con cui misurare l'operato umano, pertanto all’origine di un muro vi è un aggregato di sassi disposto secondo un certo ordine, del quale abbiamo definito le regole durante la costruzione. Con i ciottoli si edificano strutture e gli abili artigiani dell'antichità, scarsi in tecnologia ma ricchi nell'ingegno, scoprivano la stabilità dell'incastro tra forme irregolari: combinazione di infinite e incerte possibilità, dove ogni pietra si sostiene e trova accordo con l'altra nella scrittura tridimensionale di una parete solida che racconta tutto della cultura che l'ha prodotta. Da lì, tra muraglie e paramenti, la città viene su quasi spontaneamente per aggregazione tra elementi dissimili: la malta è il collante per la pietra - lapis, termine che si riferisce anche alla matita, oggetto comune atto a scrivere e disegnare - e l'opus diventa l’elaborato funzionale che ce ne descrive l'identità.
D’altro canto l'umanità è sempre stata un'inarrestabile fabbricatrice, la civiltà stessa è l'azione fondativa di edificare centri urbani, ivi comprese le strade, costellate da pietre miliari, necessarie per metterli in relazione tra loro. Lungo vie di comunicazione che possono anche separare, tra mura erette o crollate, la dimensione spaziale procede verso l'alto, proiettata verso una verticalità potenzialmente indeterminata, e assieme, si allunga orizzontalmente verso il punto di fuga dell'orizzonte.
A partire dall'arte delle origini, molto cammino ha percorso l’homo sapiens attraversando il tempo della Storia, fino a scoprire che il suo stesso DNA è fatto di mattoncini interdipendenti, collegati tra loro a costituire una struttura complessa. Analogamente, il linguaggio consiste in strutture significanti elaborate in dipendenza con la cifra culturale raggiunta dalla società. Dal momento in cui l'umanità comincia a tracciare sulla roccia segni grafici simbolici - ancora oggi emblematici malgrado i millenni trascorsi - è dunque il segno ciò che resta, fatto di imitazione, manipolazione ed edificazione di quelle specifiche strutture e dei loro relativi significati: ciò che col tempo muta è la tecnologia con cui l'artefice agisce e l’impatto che egli imprime sull'ambiente circostante, ma la motivazione resta immutata dall’alba della civiltà, che si tratti di Göbekli Tepe risalente al 11.000 anni fa, delle vestigia di Ercolano o di un futuristico grattacielo di Abu Dhabi. Siamo il riflesso delle nostre azioni, ovunque si testimonia l’attività antropica meticolosa, in continua mutazione, sull’ecosistema: il paradosso prossemico consiste nel ricercare la permanenza restando immersi in un precario stato di fragilità endemica, così come ci rammenta la parola incertezza. La riuscita dell’impresa varia a seconda delle intenzioni, ovvero della qualità della motivazione di utilizzo dell’artefice.
Il linguaggio esprime noi stessi nella mutevolezza del contesto; i siti neolitici, eternizzando il sacro e la natura, ancora dimostrano la piena consapevolezza culturale dei popoli che li hanno realizzati e, similmente, la visione cinematografica rassomiglia all'arte rupestre, nel proiettare l'impressione su una superficie verticale che viene recepita dall'occhio di chi la osserva, al fine di estrarne il racconto. Ciascuno conserva dell'esperienza visiva un ricordo personale unico, intangibile e irriproducibile, così come ognuno apprende attraverso il vissuto dell’esperienza individuale nel collettivo.
In questa prospettiva il cinema aiuta a decodificare il corpus della realtà nel suo istante storico attraverso l'analisi dei frammenti semantici contenuti nella sua realtà sistemica, sia essa culturale, sociale o geopolitica, anche quando la base del tutto va in crisi poiché, dopo tutto, l’unica certezza che abbiamo è che nulla è certo.
(“ L’incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.” Zygmunt Bauman, da L’Arte della Vita, 2009) Lavinia D’Elia
raccolta cortometraggi MUTI E SENZA NOME regia, fotografia e montaggio Giovanni Circelli, commento musicale Francesco Distefano, 2024, Italia, bianco e nero, 3 min film DEAD MAN Jim Jarmusch, 1995, USA, bianco e nero, 121 min V.O. inglese, sottotitoli italiano
con Nando Misuraca, voce e chitarra film LA FIAMMIFERAIA (Tulitikkutehtaan tyttö) Aki Kaurismaki, 1990, Finlandia / Svezia, colore, 68 min V.O. finlandese, sottotitoli italiano
film QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI (Dog Day Afternoon) Sidney Lumet, 1975, USA, colore 125 min V.O. inglese, sottotitoli italiano
film IL CERCHIO (Dayereh) Jafar Panahi, 2000, IRAN, colore, 90 min V.O. persiano, sottotitoli italiano
film IL DANNO (Damage) Louis Malle, 1992, Francia / Regno Unito, colore, 115 min V.O. inglese, sottotitoli italiano
“Il cinema di Clint Eastwood” (Gremese Editore) di Alberto Castellano con Alberto Castellano, saggista e critico cinematografico, l’autore Domenico Livigni e Gino Frezza, sociologia dei processi culturali, Università degli Studi di Salerno film MYSTIC RIVER Clint Eastwood, 2003, USA, colore 138 min V.O. inglese, sottotitoli italiano
film PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO…E ANCORA PRIMAVERA (Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo bom) Kim Ki-duk, 2003, Corea del Sud, colore, 103 min V.O. coreano, sottotitoli italiano
film LO SPECCHIO DELLA VITA (Imitation of life) Douglas Sirk, 1959, USA, colore, 125 min V.O. inglese, sottotitoli italiano
film IL GRANDE FREDDO (The Big Chill) Lawrence Kasdan, 1983, USA, colore, 105 min V.O. inglese, sottotitoli italiano Doppio Sogno un progetto a cura del Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo
acquisto in botteghino e in prevendita su www.azzurroservice.net prenotazioni prenotazioni.galleriatoledo@gmail.com |
Nessun commento:
Posta un commento