San Giovanni decollato è un film del 1940, diretto da Amleto Palermi.
Mastro Agostino Miciacio è un portiere e ciabattino napoletano che venera un dipinto raffigurante un'immagine di San Giovanni Battista decollato. Agostino ha l'abitudine di parlare con l'immagine sacra e di tenere acceso un lumino a olio presso l'immagine stessa in segno di devozione. Ogni notte però l'olio sparisce.
La devozione del portiere è tale da spingerlo a fare anche dei festeggiamenti che per la loro rumorosità gli tirano addosso le ire dei vicini e della sua famiglia; viene processato e poi assolto per semi-infermità mentale.
Il guappo Don Peppino vorrebbe imporre ad Agostino le nozze fra la figlia Serafina e Orazio, un lampionaio suo protetto: ma Serafina rifiuta categoricamente e assieme al suo innamorato fugge dai nonni di lui nel paese di Montebello Siculo in Provincia di Messina. Li raggiungeranno Agostino con la moglie Concetta e durante le nozze dei due giovani Agostino scaccerà Don Peppino scoprendo che era proprio lui il ladro di olio del lumino di San Giovanni.
Tratto dal testo teatrale in dialetto siciliano San Giovanni decollatu di Nino Martoglio, andato in scena per la prima volta nel 1908, questa edizione sonora del San Giovanni decollato (di cui era già stata realizzata nel 1917 una versione muta che risulta perduta), fu prodotta da Liborio Capitani, che aveva basato molta della sua attività sull'attore siciliano Angelo Musco (interprete a suo tempo della versione muta), con cui aveva realizzato, dal 1932 al 1937, ben 7 pellicole, oltre a vincere la Coppa Mussolini alla Mostra di Venezia del 1934 con Teresa Confalonieri.
Totò: Agostino Miciacio
Titina De Filippo: Concetta
Silvana Jachino: Serafina
Franco Coop: don Raffaele
Osvaldo Genazzani: Giorgio Maria Santapaola
Bella Starace Sainati: nonna Provvidenza
Tommaso Marcellini: don Benedetto nonno
Eduardo Passarelli: Orazio il lampionaio
Di questo film molti hanno messo in particolare evidenza due scene: la prima, definita della "piattata", riguarda un'inquadratura molto lunga in cui viene ripresa una battaglia a colpi di piatti che, secondo,le cronache del tempo, sarebbe andata oltre le intenzioni della lavorazione coinvolgendo anche il personale, con oltre 1000 stoviglie rotte, ben 30.000 lire del tempo di costo, cumuli di cocci rimasti per giorni nel teatro di posa ed alcuni feriti tra cui la stessa Titina De Filippo
Una seconda scena molto nota, è quella, brevissima, in cui compare la figlia allora di 7 anni di Totò, Liliana De Curtis, nel ruolo di una bimba che va a ritirare un paio di scarpe riparate, alla quale il produttore Capitani regalò una bambola
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