I dieci comandamenti
Editore: Guida
Collana: Teatro
Anno edizione: 2000
In commercio dal: 1 novembre 2000
Pagine: 160 p.
EAN: 9788871884530
"Il testo è dominato dalla fame: attraverso il teatro Napoli esprime spudoratamente il suo stato di capitale di sud del mondo. Il coro de "I dieci comandamenti" si aggira in una città sofferente interrogandosi attonito sul dio che lo colpisce così duramente: questo popolo, fratello di tanti popoli sofferenti, vivo più che mai intorno a noi, ci insegna a aprire gli occhi, guardare in faccia il dolore e trasformare il dolore in energia." (Mario Martone)
Raffaele Viviani, all'anagrafe Raffaele Viviano (Castellammare di Stabia, 10 gennaio 1888 – Napoli, 22 marzo 1950), è stato un attore, commediografo, compositore, poeta e traduttore italiano.
Daniele Sepe apre l'inedita commedia musicale "I Dieci Comandamenti" di Raffaele Viviani, un vero e propio inno contro la guerra e l'ingiustizia sociale, un testo scritto nel dopo guerra, ma tragicamente attuale. Regia di Mario Martone.
So' 'e putiente,
malamente,
ca cchiù 'a vorza hann'a 'ngrassa',
senz'ave' pietà!
'O prugresso?
More 'o fesso!
Jh che bella civiltà!
Che mudernità!
Raffaele Viviani, il cantore di quel mondo sottoproletario - legato più ai bassi e al porto che non ai borghesi appartamenti eduardiani, animato da una lingua aspra, incomprensibile eppure vivissima - comincia a scrivere il testo nel 1944. Poi, passata la guerra, quest'opera vede un'edizione definitiva. Viviani, sessantenne, amareggiato, da tempo lontano dalle scene, guarda con un sorriso di profonda compassione a quei derelitti che ogni giorno si arrabattano per sopravvivere, e li mette a confronto con la dottrina - con i dieci comandamenti appunto - leggi morali che stridono nel loro assolutismo di fronte alla complessità del reale. La narrazione procede per quadri, come quello dei due aspiranti ladri che non rubano solo perché la vittima non ha nulla da farsi rubare, e anzi riceveranno la solidarietà del malcapitato, che offre loro di condividere un piatto di maccheroni. E non si uccide, in quella Napoli, perché dopo gli orrori e il sangue della guerra non c'è più spazio per altro dolore, per altra violenza...
(Andrea Porcheddu, da Del Teatro)
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